Le emozioni: “costituiscono elementi coscienti ed imperativi del vissuto soggettivo, perlopiù hanno carattere di involontarietà,
ossia vengono sperimentate indipendentemente dalla disponibilità psicologica o fisica ad accoglierle, indipendentemente dalla
appropriatezza sociale e, soprattutto, indipendentemente da qualsiasi scelta razionale. Ciò che invece può dipendere dal controllo
volontario dell’individuo è la loro espressione comunicativa, la loro durata e il livello di intensità con il quale vengono espresse”.
(L.Occhini, Rabbia: dalla difesa all’ostilità).
Uno dei presupposti base della terapia cognitiva è che gli eventi siano tendenzialmente neutri e che siamo noi, in base alla nostra
interpretazione degli stessi, ad attribuirgli un significato, ciò evidenzia che il modo in cui ci sentiamo emotivamente è strettamente
connesso al modo in cui pensiamo.
La REBT, ossia la Teoria Razionale Emotiva Comportamentale (REBT) sostiene che esistano due tipi di emozioni:
- Funzionali: sono quelle sane e utili che ci permettono di affrontare al meglio la situazione seppur spiacevole e permettono di raggiungere
un benessere a breve e lungo termine. Consentono inoltre di ridurre la frequenza, l’intensità e la durata delle emozioni negative;
- Disfunzionali: creano sofferenza e influiscono negativamente sulla qualità di vita dell’individuo impedendogli di affrontare in modo
adeguato le situazioni.
In questo articolo analizzeremo due emozioni simili tra di loro,
ossia la rabbia (emozione disfunzionale) e il fastidio (emozione funzionale).
LA RABBIA
La rabbia è un’emozione primaria piuttosto comune, insorge nel momento in cui in noi si crea una forte sensazione di disappunto
mista ad un impulso a contrattaccare. Proviamo rabbia quando abbiamo la percezione di aver subito un torto e sentiamo un senso
d’ingiustizia nei nostri confronti per il danno subito. La rabbia è costituita da tre diverse componenti: fisiologica, comportamentale e
cognitiva e i suoi sintomi principali sono: tensione muscolare, aumento del battito cardiaco e della pressione sanguigna, respirazione
sempre più rapida, arrossamento della pelle; dal punto di vista cognitivo invece, possiamo trovare: senso di solitudine, tradimento,
impotenza, paura….
Spesso la rabbia ci impedisce di raggiungere i nostri obiettivi poiché non ci permette di pensare razionalmente alla situazione e ci porta
a reagire di impulso, provocando spesso malumori e discussioni con gli altri, tanto che studi dimostrano che la rabbia è una delle emozioni
maggiormente responsabili della rottura delle relazioni. Quando siamo arrabbiati tendiamo ad innervosirci, irritarci e ad usare un linguaggio
ostile ed offensivo, il quale porta il nostro interlocutore ad interpretarlo come un attacco verso la sua persona e di conseguenza reagire
alzando la voce e a mettersi in posizione difensiva.
La rabbia è un’emozione normale, esprimere rabbia è sano, ma produce spiacevoli conseguenze sia quando viene amplificata che
quando viene repressa. Sarebbe più salutare regolarla e modularne l’intensità e la manifestazione, se possibile trasformandola in
un’emozione più funzionale e gestibile per noi e per gli altri, ossia il fastidio o l’irritazione.
IL FASTIDIO
“Elaborare la rabbia non significa nasconderla, mostrarci pacati quando invece vorremmo inveire, ma significa riflettere sul nostro
modo di valutare il comportamento dell’altro che per noi è fonte di frustrazione e sul suo modo di reagirvi” (F.Nanetti, counseling ad
orientamento umanistico-esistenziale).
Il fastidio è l’alternativa “razionale” della rabbia, non provoca i cambiamenti fisiologici sopra descritti, non mette a rischio la salute e
non ci porta verso una perdita di controllo. Esso ci permette di reagire mantenendo la calma ed è proprio per questo motivo che ci sono
più probabilità che il confronto con l’altro diventi costruttivo piuttosto che uno scontro. La REBT considera salutare il fastidio poiché aiuta a
esprimere la propria contrarietà nei confronti di eventi spiacevoli e ci motiva a metterci in moto per cambiarli. Il fastidio può essere rivolto
verso se stessi e verso gli altri, ma in entrambi i casi, al contrario della rabbia, non porta a fuggire dalla situazione, ma a cercare delle
soluzioni costruttive per poterla affrontare, questo perché il nostro modo di interpretare l’evento è differente e ciò porta ad avere anche
un’attivazione emotiva diversa.
Provare fastidio è normale quando sentiamo che qualcuno sta violando delle regole importanti per noi,
oppure ci sta svalutando, ma se lasciamo che questo sentimento sfoci in rabbia, molto probabilmente faremo più
fatica a gestirlo provocando danni a noi stessi o agli altri.
Come fare ad elaborare la rabbia?
Tornando un po’ al discorso fatto inizialmente, parte della nostra reazione emotiva di rabbia non dipende in sé dal comportamento altrui,
ma dal nostro modo di interpretarlo, ossia di attribuirgli un significato; quindi prima di reagire d’impulso proviamo a chiederci:
- Il modo in cui sto interpretando l’evento è l’unico possibile?
- Esistono altri modi di vedere la situazione?
- L’altra persona voleva davvero farmi un torto?
- Ci sono altre emozioni nascoste dietro alla mia rabbia?
Paura di rimanere da solo? Impotenza? Debolezza?
E successivamente provare a riflettere:
- Mi fa bene arrabbiarmi?
- Quale obiettivo mi permette di raggiungere la rabbia?
- Anche se la situazione non mi piace, riesco a sopportarla?
- Cosa posso fare per affrontare la situazione in modo costruttivo?
Infine, riprendendo F. Nanetti ricordiamoci:
“Al momento di arrabbiarti ricordati che ognuno ha il diritto di essere come vuole
e che la nostra pretesa che lui sia diverso non fa altro che peggiorare le cose!”.